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Bolsonaro confida sulla diffusione del virus. Risultato? 300 mila morti, picco mondiale.

L'Espresso, 28 de março de 2021

LUCAS FERRAZ

FOTO ANDRÉ LIOHN


Nel classico “La Peste”, libro che è tornato ad essere tra i più venduti grazie al coronavirus, Albert Camus ci insegna che le pandemie si vincono con la decenza. La decenza è esattamente quello che più manca in Brasile di questi tempi, in cui il caos generalizzato ha raggiunto dimensioni storiche per via della tattica omicida adottata dal presidente Jair Messias Bolsonaro, che ha mandato al collasso il sistema sanitario del Paese, facendolo diventare una minaccia per la salute pubblica globale.

Adesso gli indici di morte per Covid-19 sono i maggiori al mondo e toccano i 300.000 casi. Alcuni specialisti temono che la cifra possa esplodere nei prossimi due mesi, superando il numero assoluto dei decessi degli Stati Uniti.

Il Brasile sta vivendo il maggior collasso sanitario e ospedaliero della sua storia che si abbatte in maniera uniforme in tutti i 27 stati e colpisce un numero di persone sempre crescente. La situazione è fuori controllo e i contagi salgono a una media di 73.000 al giorno, colpendo ogni volta di più gli adulti tra i 30 e i 50 anni.

A causa della mancanza di farmaci per la sedazione usati nell’intubazione, i pazienti vengono letteralmente legati al letto. Manca l’ossigeno e le persone muoiono in attesa di un letto negli ospedali (solo a San Paolo si registrano centinaia di casi), sia pubblici che privati. Secondo le statistiche di metà marzo, 1 su 4 morti per il virus nel mondo era brasiliano.

Sebbene i poveri restino l’obiettivo preferito dal virus, non basta essere ricchi per salvarsi: avere risparmi non garantisce un posto in ospedale. A San Paolo, la città più ricca dell’America Latina, le strutture private ormai in sovraffollamento hanno chiesto supporto al sistema sanitario pubblico (Sistema unico di salute, Sus) ma senza successo. Anche il Sus era (ed è) sovraffollato oltre ad essere stato depauperato dalla politica del governo, guidata nella fase più critica da un generale dell’esercito senza esperienza nel settore.

L’obiettivo di Bolsonaro era lasciare che il virus circolasse affinché si creasse la famosa immunità di gregge, un errore su cui tutti gli scienziati seri avevano allertato l’opinione pubblica. Oltre a mettere a rischio la popolazione, espone fortemente infermieri e medici al rischio di contagio e morte, facendoli lavorare sotto una grande pressione psicologica e in condizioni precarie. Nel servizio pubblico, almeno una parte delle mascherine fornite in dotazione dal governo tra luglio e dicembre dello scorso anno non rispettavano le norme di sicurezza.

Attualmente la vaccinazione procede a passi lenti (solo il 4% circa della popolazione è stata vaccinata), non ci sono riserve di dosi che garantiscano la continuità della campagna vaccinale a medio e lungo termine, mentre la variante amazzonica (chiamata P1) si diffonde rapidamente e non solo dentro il Brasile.

Lo scenario conferma che la necropolitica di Bolsonaro ha vinto ed il costo finale è ancora difficile da stimare.

Un eventuale impeachment resta una possibilità remota. Manca l’appoggio da parte delle forze armate, la colonna portante della presidenza, del potere economico e della maggior parte del sistema politico (almeno finora). Nel frattempo, il governo diventa ogni giorno più autoritario e senza scrupoli nell’usare la morte come progetto politico. Il negazionismo di Bolsonaro ci rivela una seconda pandemia che attacca il Brasile: quella dell’ignoranza, che viene alimentata e trasmessa come un altro virus.

Abituati agli alti indici di omicidio e ad una povertà che è tornata a crescere come nei decenni passati, i brasiliani si mostrano anestetizzati e indifferenti alla tragedia in corso. Non ci sono manifestazioni in strada contro la gestione dell’emergenza (in Paraguay e Cile ve ne sono state di enormi anche durante la pandemia) e solo ora con il risorgimento dell’ex-presidente Luiz Inácio Lula da Silva, ormai libero da un processo pieno di irregolarità, l’opposizione ha ripreso un po’ di fiato per affrontare un progetto politico-militare che si alimenta del caos per sopravvivere.

Nonostante il numero record dei morti, la vita «alegre e festeira» (allegra e festosa) non si è fermata. Uno dei giocatori più pagati del Brasile (Gabigol, con un passaggio in Italia) è stato arrestato in un casinò clandestino, insieme ad altre 200 persone, durante uno dei lockdown tentati con poco esito a San Paolo.

Molta gente continua a frequentare bar, feste e spiagge, gli assembramenti vengono addirittura incentivati dall’ex capitano dell’esercito che presiede il Paese. In assenza di una politica nazionale sul confinamento, ognuno si protegge come meglio crede, seguendo le proprie convinzioni e possibilità. A San Paolo, la metropoli più grande, i mezzi del trasporto pubblico continuano ad essere affollati mentre le chiese, sia cattolica che evangelica, ricevono i fedeli normalmente. Ma la scuola è chiusa.

Lontano delle grandi città, la situazione peggiora a causa della mancanza di monitoraggio delle poche regole anti-Covid-19 che sono state stabilite. Ad Itabira, città operaia di 100.000 abitanti dello stato di Minas Gerais (nel sud-est brasiliano), i bar aggirano l’obbligo di chiudere alle 22 abbassando la serranda e continuando a offrire bevande ai clienti – giovani e meno giovani. All’inizio di marzo, i due ospedali di Itabira hanno collassato e alcuni malati sono deceduti mentre erano in fila, proprio come a San Paolo.

«Poco a poco, il tessuto morale e fisico si va indebolendo e i ratti continuano a circolare», afferma il medico epidemiologo Alexandre Kalache, ex direttore dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), che cita il libro di Camus e enfatizza le connessioni con il Brasile pandemico.

Bolsonaro è il principale responsabile del disastro in corso. Il Brasile ha un sistema sanitario universale (seppur precario) ed un sistema di vaccinazione riconosciuto mondialmente che è stato sabotato e disprezzato dal governo militare eletto. Nel 2010, il paese ha vaccinato 70 milioni di persone in tre mesi contro l’influenza H1N1. Vanta istituzioni scientifiche di punta, come Butantã e Fiocruz, che avrebbero potuto creare un vaccino brasiliano. Il Governo però ha tagliato i fondi alla ricerca scientifica, ridotto il numero di posti e l’acquisto di medicinali per la terapia intensiva incurante della pandemia.

«Bolsonaro ha ostacolato tutto quello che poteva ostacolare e ha una mancanza di empatia che è contagiosa. C’è un progetto politico distruttivo in corso e la sua attuazione non è casuale», afferma Kalache.

È stata aperta un’indagine dalla Suprema Corte per investigare i crimini nella gestione della pandemia. Alcune prove sono: la mancanza di rifornimento di ossigeno che ha mandato al collasso Manaus a gennaio, quando il governo era stato informato e non ha fatto nulla; le migliaia di tamponi scaduti che potevano essere utilizzate e sono state dimenticate dal ministero della Sanità in un magazzino; il rifiuto di Bolsonaro di comprare 70 milioni di dosi del vaccino Pfizer che potevano essere somministrate alla popolazione già da dicembre. Solo ora il Governo annuncia l’acquisto di alcune dosi ma non si sa quando saranno disponibili.

Il Congresso, ampli settori giudiziari e gran parte del potere economico preferiscono chiudere gli occhi di fronte alla situazione. Il Parlamento dovrebbe autorizzare l’apertura di un processo di impeachment (ci sono più di 60 richieste) o un’indagine parlamentare ma non ci sono segnali che questo accada.

Di fronte all’inerzia di Bolsonaro, i presidenti delle regioni e i sindaci delle città hanno annunciato il coprifuoco e la chiusura delle attività commerciali ma il presidente ha lanciato un’offensiva, rivolgendosi alla Suprema Corte, comparando le misure all’emanazione dello stato d’assedio che solo lui poteva dichiarare. Minacciava di nuovo un autogolpe. Oltre a collocarsi come la vittima della storia, Bolsonaro attribuisce la responsabilità della tragedia ai politici che tentano di contenere gli effetti del virus.

La dittatura sanitaria di cui parla l’estrema destra mondiale è diventata l’argomento di discussioni dissennate sostenute attualmente dal 30 per cento dei 210 milioni di brasiliani, che sono nella maggior parte uomini, del Sud del paese (il più ricco), di religione evangelica e di professione imprenditori. Quando vengono messi di fronte alla situazione, i sostenitori del ex capitano dell’esercito spesso rispondono: «Ma tu credi ai numeri del Covid-19 o a quello che dicono i giornalisti?». Il dottore Kamache individua una relazione tra l’attitudine antiscientifica del governo e l’aumento dell’analfabetismo scientifico.

Nonostante il collasso, in Brasile ancora si vedono manifestazioni contrarie alle poche misure restrittive messe in atto nelle città. Un senatore, ex-poliziotto, eletto nel 2018 nell’onda bolsonarista (allontanatosi dal presidente subito dopo le prime prove della corruzione dei figli), è morto alcune settimane dopo aver partecipato ad una protesta del genere nella provincia di San Paolo. È stato il terzo di 81 senatori a morire a causa del virus.

«Non si tratta solo del Brasile ma dell’America Latina e oltre», allerta il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, chiedendo, con una sorta di ingenuità, un po’ di serietà ai gestori brasiliani della pandemia.

Il virologo Giovanni Rezza, direttore della prevenzione del ministero della Salute, ha conosciuto la realtà brasiliana quando ha realizzato degli studi con l’università di Goiás sul Mayaro, un virus che viene diffuso dalle zanzare e provoca sintomi simili alla chikungunya. Rezza dice che se il Brasile continua in questa direzione, «metterà tutto il mondo a rischio».

Tuttavia, le priorità di Bolsonaro in questo momento sono altre. Noto per avere una personalità paranoica, cerca di liberare i suoi quattro figli dalle accuse di corruzione che pendono su di loro. Per rafforzare il suo potere, giorno dopo giorno aumenta la presenza dei militari nell’amministrazione pubblica.

L’ultima delle sue preoccupazioni è stata la riapparizione di Lula. Ma come è successo negli ultimi due anni, tutte le volte che Bolsonaro si è sentito minacciato, il carattere autoritario del suo governo non ha tardato a mostrarsi.

Con processi e indagini tipiche dei regimi autoritari latino-americani si iniziano a perseguire gli oppositori che vanno dai leader dell’opposizione, come Ciro Gomes, candidato del centro sinistra alle elezioni presidenziali del 2018, a meri cittadini che hanno criticato il governo attraverso le reti sociali.

Un altro caso è quello di alcuni militanti di sinistra che sono stati perseguiti per aver definito Bolsonaro un genocida in uno striscione. La polizia ha fatto ricorso ad una legge stravagante, risalente alla dittatura, per incriminarli. La stessa cosa era successa allo youtuber Felipe Neto, una figura influente sui social brasiliani, che pure aveva associato la parola «genocida» alla gestione della pandemia. In risposta, Neto e un gruppo di avvocati hanno creato un servizio che fornisce assistenza gratuita alle vittime di simili ingiustizie. Gli incessanti attacchi alla libertà di espressione non hanno ancora trovato una risposta da parte del sistema giudiziario e dalla classe politica.

Il futuro del Brasile non sembra essere promettente. Se Bolsonaro perderà le elezioni, il Paese potrebbe vivere un déjà vu, rivedendo quanto accaduto a Washington a gennaio con l’insurrezione degli alleati di Donald Trump. Il brasiliano stesso ha affermato che qualcosa del genere potrebbe accadere, soprattutto dopo aver facilitato l’accesso alle armi.

A febbraio, il Carnevale è stato cancellato per la pandemia. Nel giorno in cui la festa sarebbe dovuta cominciare, il governo ha emanato un decreto che aumentava da quattro a sei il numero di armi che un cittadino può possedere. Se poliziotto o militare, il numero saliva a otto.

Bolsonaro spesso afferma che è facile ricreare una dittatura in Brasile e giustifica l’accesso alle armi come la maniera più efficace per evitare che questo accada. Proprio questo mese, mentre si cercava il quarto nome che assumesse l’incarico di ministro della Salute dall’inizio della pandemia, un medico donna è stata a colloquio con il presidente e uno dei suoi figli in merito alla sua opinione sulla politica delle armi invece che sulla politica sanitaria. La dottoressa ha rifiutato l’incarico che è stato poi assunto da un uomo.

Bolsonaro ha l’abitudine di affermare che il suo obiettivo è difendere la «libertà». La realtà brasiliana ci ricorda un altro libro distopico, “1984” di George Orwell, che mostra come un regime autoritario possa far uso della forza e della “verità in nome della difesa della “democrazia”.



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